Di Nicolò Arena – Opera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento
A pochi passi dalla maestosa Cattedrale di Catania, incastonato nel cuore pulsante della città, sorge un vero gioiello architettonico: il Monastero di San Nicolò l’Arena. Un complesso benedettino imponente, uno dei più vasti d’Europa, che rappresenta l’apice del tardo barocco siciliano. Un’opera stratificata nel tempo, plasmata da secoli di trasformazioni e ampliamenti, oggi elevata a Patrimonio UNESCO per il suo valore artistico senza eguali.
Nato nel Cinquecento, il Monastero si è sviluppato fino ai giorni nostri come un palinsesto di stili e presenze storiche sapientemente integrate. Al suo interno, infatti, convivono testimonianze di epoche remote, come le domus romane del II-III secolo d.C., scoperte nel Novecento, e gli splendidi chiostri rinascimentali e barocchi, cuori pulsanti dell’antico cenobio benedettino.
Un vero scrigno di meraviglie, tra cui spiccano il Chiostro dei Novizi con il suo elegante loggiato a due ordini di archi, e il monumentale Chiostro dei Benedettini con la sua scenografica fontana centrale. A questi si aggiunge lo stupefacente Giardino Pensile, un’oasi di pace e bellezza costruita sul tetto dell’edificio, dove le essenze mediterranee si fondono con sculture e fontane in un’esplosione di vita e colori.
Oggi il Monastero, sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, apre le sue porte ai visitatori, invitandoli a immergersi in un percorso che è un tributo all’arte e alla storia di questa terra vulcanica. Un luogo imprescindibile per chiunque voglia ammirare da vicino uno dei gioielli più preziosi del Barocco siciliano e lasciarsi sedurre dalle atmosfere vibranti di Catania, a un passo dal caratteristico B&B Santa Caterina da Siena.
Storia del Monastero dei Benedettini
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Un autentico gioiello barocco, capace di sfidare il tempo e la furia degli elementi. Questo è il Monastero dei Benedettini di Catania, fondato nel 1558 dai monaci cassinesi. Un complesso architettonico stratificato, che porta impresse le cicatrici di epoche e calamità differenti, raccontando una storia di distruzione e rinascita attraverso l’integrazione di stili e presenze secolari.
I visitatori possono leggere queste vicende come le pagine di un libro antico, ammirando ad esempio il cinquecentesco Chiostro dei Marmi, inizialmente impianto centrale del monastero a forma quadrata. Un elegante colonnato in marmo di Carrara, una fontana quadrilobata e decori rinascimentali conferivano a questo primo nucleo un’aria di sobrietà ed eleganza.
Ma il XVII secolo segnò un’era di terribili prove per Catania e il suo monastero benedettino. L’8 marzo 1669 l’Etna, quella “Montagna” sempre vigile, iniziò a ruggire con scosse e boati annunciatori di un’imminente eruzione. Profonde fenditure si aprirono eruttando colate laviche tra colonne di fumo e materiali piroclastici. Un vero e proprio fiume di fuoco che, dopo settimane di assedio, raggiunse le mura cittadine e del cenobio, travolto nella sua chiesa annessa.
I monaci riuscirono a salvare l’edificio monastico ma dovettero assistere impotenti alla devastazione delle terre circostanti. Una colata alta 12 metri aveva trasformato i cambi in un paesaggio lunare, divorando ogni coltivazione.
Questa prima, drammatica rinascita dalle ceneri laviche precedette l’ennesima prova con il catastrofico terremoto del 1693, che rase al suolo il Val di Noto. Un percorso di rinascita infinito per il Monastero, le cui tracce oggi si fondono in un capolavoro barocco che ingloba persino resti di domus romane all’interno.
Le ferite inflitte dalla natura al Monastero dei Benedettini sembravano inguaribili, eppure la tenacia dei monaci prevalse. Nel 1687, dopo quasi due decenni dalla devastante eruzione del 1669, si avviarono i lavori per ricostruire la chiesa annessa, presumibilmente su progetto dell’architetto romano Contini. L’antico complesso cinquecentesco comprendeva un piano interrato adibito a cantine, depositi e cucine, e due livelli superiori con celle monastiche, sale capitolari, refettori, biblioteca e il caratteristico Chiostro dei Marmi.
Ma il destino aveva in serbo un’altra, terribile prova. Nella notte tra il 10 e l’11 gennaio 1693, un violentissimo terremoto di magnitudo 7.7 sconvolse Catania e il Val di Noto, radendo al suolo intere città. All’indomani, Catania era irriconoscibile, sepolta dalle macerie con migliaia di vittime. Del vecchio Monastero restava in piedi solo il piano interrato e parte del primo livello, mentre del Chiostro dei Marmi erano rimaste erette appena 14 colonne.
Trascorsero lunghi 9 anni prima che i monaci, sopraggiunti da altri cenobi, potessero dare il via alla ricostruzione nel 1702. Questa volta il Monastero rinacque più grandioso che mai, con un’impronta tardo-barocca. Al Chiostro dei Marmi, ricostruito, si aggiunsero il Chiostro di Levante, i giardini pensili sfruttando il banco lavico, una nuova ala con biblioteca, cucine, noviziato e refettori. La chiesa di San Nicolò l’Arena, ideata come una “piccola San Pietro siciliana”, restò però incompiuta nella facciata.
Un cammino di rinascita arduo, ma necessario per preservare la memoria e integrare le vestigia storiche come le domus romane e il cinquecentesco Chiostro dei Marmi in un complesso architettonico di straordinaria bellezza, specchio della resilienza dei catanesi.
La rinascita del Monastero dei Benedettini dalle ceneri delle calamità naturali si rivelò un’impresa ciclopica, che mobilitò i più grandi talenti architettonici della Sicilia barocca. Ingrandito rispetto all’impianto originario, il complesso monastico divenne uno dei più vasti e sontuosi d’Europa, frutto di un cantiere epocale che si protrasse per decenni.
Le maestranze provenivano da ogni angolo dell’isola – Palermo, Messina, Siracusa – per dare forma alla visione degli architetti di fama. Nomi del calibro di Ittar, Battaglia, Battaglia Santangelo e Palazzotto si alternarono nella direzione dei lavori, apportando il loro inconfondibile stile barocco siciliano.
Ma fu l’intervento di Giovan Battista Vaccarini a imprimere un sigillo indelebile sull’opera. L’architetto palermitano, formatosi a Roma e influenzato dai grandi Bernini e Borromini, realizzò capolavori come le maestose Cucine, il Refettorio Grande e il progetto per la Biblioteca, oggi sede delle Biblioteche Riunite Civica e Ursino Recupero.
Le volte a botte, le arcate slanciate, le ricche decorazioni scultoree si fondevano con ambienti più intimi come i chiostri, testimoniando l’abilità di Vaccarini nel coniugare la monumentalità con l’eleganza tipica del tardo barocco siciliano. Un trionfo di arte e ingegno che trasformò il Monastero in un gioiello scintillante.
La ricostruzione divenne un’epica sfida al volere della natura, con i monaci benedettini decisi a non arrendersi alle forze distruttive del vulcano e del terremoto. Un cantiere della rinascita che attirò le migliori energie creative dell’isola, dando vita a un capolavoro senza eguali nel panorama architettonico europeo.
I Chiostri del Monastero
I due chiostri del Monastero, veri e propri scrigni di bellezza, rappresentano il cuore pulsante di questo gioiello barocco. Il Chiostro di Ponente, nucleo originario dell’antico cenobio, ammalia con la sua sobrietà rinascimentale e la grandiosità degli spazi. Un elegante colonnato in marmo di Carrara, una balaustrata finemente cesellata e la monumentale fontana centrale creano un’atmosfera di classica eleganza. Ma è la luce a esaltare la magia di questo ambiente: filtrata dalle arcate, già dal mezzogiorno inizia a inondarlo conferendogli una tridimensionalità suggestiva, quasi ipnotica.
Scenario completamente diverso attende i visitatori nel Chiostro di Levante. Qui l’eclettico “caffeaus”, opera dell’architetto Musumeci, fa da contrappunto a un rigoglioso giardino popolato da essenze mediterranee. Tra queste svetta un maestoso cipresso secolare, piantato all’inizio del XX secolo, che sembra custodire i segreti di questa oasi di pace e bellezza racchiusa dalle mura monastiche. Un vero e proprio salotto verde dove perdersi in una dimensione quasi fiabesca.
Di Nicolò Arena – Opera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento
Un percorso che si snoda tra due anime architettoniche differenti, ma ugualmente capaci di incantare e stregare con la loro bellezza senza tempo. Due chiostri che si offrono come un abbraccio all’anima del visitatore, disvelando l’incomparabile magia di questo capolavoro del tardo barocco siciliano.
La Biblioteca dei Benedettini: Un Tempio del Sapere
In un’epoca in cui la conoscenza era un privilegio riservato a pochi eletti, i monaci benedettini tramandavano con dedizione la “cultura del libro”. E il cuore pulsante di questa missione era la loro straordinaria Biblioteca, un vero e proprio tempio del sapere racchiuso tra le mura del monastero.
La maestosa Sala Vaccarini custodiva gelosamente l’immensa raccolta libraria dell’Ordine: preziosi incunaboli, rari erbari, la celebre Bibbia miniata dal Cavallini e innumerevoli altre opere che rappresentavano il frutto di secoli di ricerca e passione. Un autentico laboratorio di cultura, dove le menti più brillanti dell’epoca attingevano per nutrire il loro desiderio di conoscenza.
Oggi, questa inestimabile eredità ha assunto una nuova veste: le Biblioteche Riunite “Civica e Ursino Recupero”. Dopo la confisca del 1866, quando i beni dell’Ordine passarono al Comune di Catania, questo scrigno di saggezza si è arricchito ulteriormente, accogliendo le collezioni dei conventi soppressi e preziosi lasciti come quello della nobile famiglia Recupero.
Passeggiando tra gli ambienti che un tempo ospitavano funzioni diverse – l’antica sala lettura che fu il museo dei “Naturalia et Artificialia” dei monaci, il Gabinetto dell’Abate con il leggendario tavolo su cui Federico De Roberto scrisse “I Viceré”, il Refettorio Piccolo oggi adibito a sala conferenze – è impossibile non restare ammaliati dalla solennità di questi luoghi.
Un vero e proprio viaggio nel tempo, tra le pagine della storia e della conoscenza umana, custodito all’interno di uno dei più straordinari complessi architettonici del Barocco siciliano.
Il Monastero dei Benedettini: Dove la Leggenda incontra la Realtà
Avvolto in un alone di mistero e fascino, il Monastero dei Benedettini è una trama intessuta di leggende antiche e contemporanee. Alcune di esse, come la famigerata galleria sotterranea che lo collegherebbe al convento di San Benedetto, sono entrate nell’immaginario collettivo nonostante siano state smentite. Altre, come la presunta sepoltura di Donato del Piano sotto l’organo della Chiesa di San Nicola, alimentano il mito di questo luogo carico di storia.
Ma il vero fascino del Monastero non risiede tanto nelle leggende, quanto nella sua stessa essenza, capace di incantare e stupire con la sua grandiosa bellezza. È un luogo mitico, dove tutto sembra possibile: dai bambini che giocano mescolandosi agli studenti universitari, alle nuove storie che attendono di essere raccontate, fino alla creazione di legami duraturi tra chi lo visita.
Perché in fondo, i luoghi più magici sono quelli che permettono lo scambio, la conoscenza reciproca e lo stupore di fronte alle meraviglie create dall’ingegno umano. Il Monastero dei Benedettini è la perfetta incarnazione di questo spirito, un monumento alla caparbietà e alla magnificenza dell’uomo di fronte alle avversità.
Qui, la leggenda incontra la realtà, fondendosi in un’esperienza unica ed emozionante. Che si tratti di ammirare gli splendidi chiostri, perdersi tra gli scaffali della biblioteca o lasciarsi travolgere dalla solennità della chiesa, ogni angolo di questo complesso architettonico regala un’emozione diversa, un frammento di quella grandezza che solo i capolavori dell’arte possono trasmettere.
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